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E pace sia!

Ha preso il via una guerra, l’ennesima sul pianeta, fatta di tensioni e scontri decennali, con una storia assai complicata in cui politica e supremazia impastate a religione creano conflitti, pene e disastri.

L’eco dello scontro israelo-palestinese giunge in tutto la sua mostruosità. 

I nostri bombardamenti, qui in Europa, sono fortunatamente solo virtuali ma comunque fatti di immagini, video, servizi che hanno un filo rosso in comune: strage e ingiustizia.

Come sempre, le guerre dei potenti, di quelli che decidono da poltrone vellutate ciò che ne sarà di terre e popoli, le pagano maggiormente gli innocenti, coloro che assistono impotenti allo sgretolamento delle proprie esistenze e di chi amano. In primis donne, bambini e anziani che subiscono un torto da cui è quasi impossibile riprendersi e che metterà in discussione tutta la loro vita, se una ce ne sarà ancora da salvare.

Famiglie divise, vite spezzate, strutture distrutte, abitazioni rase al suolo, così come ricordi abitudini e certezze.

L’atrocità della questione è il fatto che si inneggi in nome di una religione, la quale nei propri scritti chiede convivenza pacifica avendo Fede nel proprio Dio e amore per il prossimo.

Il fatto è che i concetti di guerra e religione assieme sono un ossimoro penoso e inaccettabile, e che terre le quali anticamente hanno accolto la parola di Dio, nulla abbiano a che fare con missili, stragi, violenza.

Alquanto paradossale e tragico, triste e patetico.

La guerra è fatta di traumi irrecuperabili, di dignità strappata via, di malattie, polvere, sangue, isolamento, solitudine, urla.

Non so se sia qualcosa che l’uomo ha insito in sé o meno, ma è comunque un modo di agevolare il proprio istinto indomito di sopraffare l’altro, accampando motivazioni relative a giustizia, territori, storia e, ancora più triste, religione.

Si bombardano luoghi emblematici di soccorso e cura, luoghi di culto, infrastrutture che permettono la sopravvivenza sociale per cercare di compiere il maggior danno possibile al maggior numero di persone.

Si costringono interi popoli a diaspore obbligate, fughe violente e improvvisate, lasciando una vita dietro di sé, pena la morte, la reclusione.

Quale sarà il prezzo della vittoria, se mai essa si dovesse raggiungere?

Una coppa alzata colma di sangue innocente.

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